CULTURA &TEMPO LIBERO

 
 
 

storie dalla storia

 
HOME DEL DOSSIER

Anno 2010

Anno 2009

Anno 2008

Anno 2007

1° marzo '38: muore il Vate Gabriele d'Annunzio

di Marco Innocenti

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
1° marzo 2010
Gabriele d'Annunzio

Un'emorragia cerebrale porta via Gabriele d'Annunzio la sera del 1° marzo 1938. Indossa un pigiama marrone e sta aspettando l'ora di cena nella sua "officina" al Vittoriale, fra carte e vocabolari. Vecchio mattatore ridotto a relitto, paga la consunzione di chi ha chiesto troppo a se stesso. Le donne sono state il suo ultimo tentativo di ingannare la morte, come negli anni belli erano state oggetto di desiderio, vezzo, vizio, giocattolo, piacere. Se ne va pochi giorni prima che Hitler, da lui definito "il ridicolo nibelungico truccato alla Charlot", realizzi l'Anschluss. All'antico guerriero decaduto è risparmiato l'ultimo dolore. La mattina del 3 marzo, ai funerali, la folla è imponente: ex legionari, molte signore, ammiratori devoti alla sua gloria e alla sua fama. In un turbinio di bandiere e di gagliardetti una voce grida: "Camerata Gabriele d'Annunzio". Un coro di voci risponde: "Presente".

L'amante guerriero
La cultura del secondo dopoguerra ha cercato in tutti i modi di zittire D'Annunzio - uomo d'azione e artista, seduttore raffinato e sensuale, poeta della parola e del gesto teatrale, personalità che marchia il proprio tempo e influenza il futuro - chiudendolo in un cassetto e gettando via la chiave. La diffidenza ideologica si è unita ai pregiudizi di una critica letteraria che, fingendo di colpire lo scrittore e il poeta, si è scagliata contro il nazionalista, il guerrafondaio, il decadente. Una storiografia orba, come lui, di un occhio ha visto e vede nel Comandante solo il precursore del fascismo, l'inventore dei riti di massa e delle parole d'ordine sui quali si sarebbe fondato il regime. E' vero, D'Annunzio è stato anche il Giovanni Battista del fascismo, il precursore forse involontario della rivoluzione nera, ma è stato ben di più. È stato grandezza e miseria, passionalità vissuta con ossessiva sfrenatezza, ingegno con una forte componente d'avventura, simbolo di un'epoca e di uno stile, personalità imponente e controversa, sogno decadente di fondere arte e vita, seduttore con l'arma del linguaggio, fonte letteraria chiave del secolo. Ha incarnato la guerra al banale e il desiderio di evasione dal quotidiano dei ceti intellettuali e borghesi, ha inventato una modernità che anticipava i movimenti libertari del Novecento avanzato, ha fuso eroismo ed erotismo, ha scritto, ha amato, ha combattuto.

Fiume
Fiume è stata l'orizzonte perduto della generazione tradita. Lì il Poeta armato, con i suoi legionari, ha vissuto 16 mesi di passione. E lì ha inaugurato la politica spettacolo, il dialogo con la folla, la sperimentazione del nuovo, la poesia del potere, l'ideologia della trasgressione permanente, l'esaltazione della soggettività intellettualistica e narcisistica. Azione coraggiosa, calcio negli stinchi dei pacifisti opportunisti, Fiume e la sua Repubblica sono degenerate in un baccanale da ultima spiaggia, in pura teatralità, in una giocosa follia. E hanno impietosamente evidenziato la debolezza del movimento e la mancanza di ogni elementare senso politico del suo capo. Per il combattente eroico, un po' ardito e un po' smargiasso, vi sarà dopo Fiume soltanto l' "esilio", forse cercato o forse subito, ma certamente intriso di disperazione. Mussolini lo chiude in una gabbia dorata e lo congela foraggiandolo. Al clamore dei 16 mesi fiumani segue il il silenzio di 17 anni di Vittoriale, un prezzo troppo alto anche per un "superuomo".

Il Vittoriale
Deluso da tutto e da tutti, D'Annunzio declina nella sua villa un po' mausoleo e un po' fortilizio. Personaggio sequestrato, appare come un attore impazzito che recita senza saperlo, o mentendo anche a se stesso, la parodia della sua vita, con le sue teatrali trappole d'amore, le ossessive collezioni di ogni cosa, le maniacali testimonianze di una grandezza passata. L'eroe irridente della beffa di Buccari, il collezionista di medaglie d'oro e d'argento, l'autore delle "Laudi", della "Figlia di Jorio", del "Piacere", del "Fuoco", dell'"Innocente", l'amante della Duse, della principessa Gravina, della marchesa Casati, di Alessandra di Rudinì, delle bellezze della sua generazione, si decompone in carne molle e fatiscente. L'uomo che dava scandalo ora suscita pietà. Andrea Sperelli è un vecchio. L'ultimo verso dice: "Ogni uomo seppellito è il cane del suo nulla". E la morte arriva come una liberazione.

1° marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-